«Noi M5S come Netflix, la vecchia partitocrazia come Blackbuster. Garantiamo un servizio migliore e siamo più efficienti nel portare le istanze dei cittadini dentro le istituzioni».
Con queste parole Davide Casaleggio in una lettera al Corriere della Sera ha descritto il Movimento Cinque Stelle durante la presentazione dell’evento «SUM-Capire il futuro», in programma sabato prossimo a Ivrea per ricordare il padre Gianroberto, leader e spin doctor del M5S scomparso quasi un anno fa. All’incontro prenderanno parte l’amministratore delegato di Google Italia Fabio Vaccarono, il direttore di Ispi Paolo Magri, Gianluigi Nuzzi, Enrico Mentana, Marco Travaglio, Franco Bechis e altre personalità del giornalismo e dell’imprenditoria.
Negli ultimi mesi Davide ha preso il posto del padre sia in azienda che nel movimento, riprendendone anche lo stile schivo e defilato.
Ma cosa è cambiato nel M5S dalla scomparsa del suo co-fondatore?
Tra governo locale e problemi di amministrazione. il Movimento cinque stelle governa in molte più realtà locali importanti rispetto a un anno fa: Roma e Torino su tutte.
Nel corso del 2016 ha ottenuto importanti vittorie, sia alle elezioni amministrative sia al referendum costituzionale.
Le vittorie a Roma e a Torino hanno permesso al Movimento di Grillo di accreditarsi come forza di governo, mentre la campagna elettorale per il No condotta in prima linea ha decisamente rafforzato l’immagine del M5S. L’amministrazione locale, però, è stata accompagnata da diversi problemi, soprattutto a Roma. Sono noti, infatti, i vari avvicendamenti nella giunta di Virginia Raggi e le inchieste che hanno toccato dirigenti comunali come Raffaele Marra e Salvatore Romeo. Sempre in merito alle realtà locali, è di questi giorni il caso di Genova: la scelta di Grillo di “scomunicare” la candidata emersa dalla consultazione online Marika Cassimatis per incoronare il secondo classificato Luca Pirondini ha creato malumori e ha fatto sorgere più di una perplessità sul metodo di scelta dei candidati.
Sondaggi positivi. I problemi sorti nelle varie realtà locali non sembrano scalfire l’immagine del Movimento agli occhi degli elettori. Tutti gli istituti lo danno in testa nei sondaggi, alcuni addirittura con un vantaggio di 7 punti sul Partito Democratico. Tali sondaggi pongono il movimento nel suo picco massimo, anche superiore all’exploit delle elezioni 2013. Lo stralcio del ballottaggio operato dalla Consulta sull’Italicum obbliga il raggiungimento della soglia del 40% per ottenere la maggioranza alla Camera. Con la situazione attuale e posta la riluttanza dei 5 stelle alle alleanze, l’unico governo possibile sarebbe ancora un governo di larghe intese.
Elezioni nel 2018? Le prossime elezioni sono uno dei temi più caldi all’interno del Movimento. Sia che si voti nel 2018 o nel prossimo autunno, il Movimento deve indicare un programma strutturato e individuare il candidato premier, una figura che, a ben vedere, va a cozzare con la legge semi-proporzionale emersa dalla Consulta. Negli ultimi giorni è emersa l’indiscrezione del corteggiamento a Piercamillo Davigo come candidato a 5 stelle nel 2018: il celebre magistrato è stato presidente dell’Anm fino a qualche giorno fa. Un candidato della “società civile” proposto a tutto l’elettorato. L’opzione rimane comunque improbabile: più quotati Luigi Di Maio e la sindaca di Torino Chiara Appendino.
Egemonia grillina. Al di là delle ambizioni governative, Angelo Panebianco sul Corriere della Sera ha parlato di “resa culturale” ai 5 stelle. In effetti, i temi e il modus operandi dei pentastellati sono entrati in modo talmente preponderante nel dibattito politico da aver influenzato la politica italiana nella sua interezza. Addirittura Panebianco la paragona all’egemonia culturale del Pci nella prima repubblica, il quale senza governare controllava i luoghi strategici di trasmissione delle idee. Sicuramente, gli altri partiti stanno rincorrendo i 5 stelle sul loro terreno; basti pensare a Renzi che ha annunciato la piattaforma online Bob (molto a simile alla Rousseau dei 5 stelle) mentre gli scissionisti Pd hanno preferito appellarsi come “Movimento Democratico Progressista” invece di “partito”.
Sicuramente, senza Gianroberto Casaleggio il Movimento cinque stelle ha perso molto in termini di strategia e di pianificazione della propria comunicazione ma a un anno di distanza tale perdita sembra essere stata completamente assorbita, come testimoniano i dati derivanti dai sondaggi. Le prossime elezioni politiche saranno sicuramente decisive per capire meglio il futuro del Movimento Cinque Stelle.