“Uno Spin Doctor ha scritto il mio discorso di oggi, ha scelto questa cravatta e ha anche scelto quanto dovessero essere lucide le mie scarpe. Perché troppo pulite fanno pensare ai ricchi avvocati di Wall Street, e troppo sporche trasmettono noncuranza e disinteresse”, disse il governatore Mike Morris interpretato da George Clooney nel film Le Idi di Marzo.
Il film racconta il rapporto tra un giovane e idealista guru della comunicazione e il candidato per cui lavora, il governatore Mike Morris, durante delle ipotetiche primarie dei democratici per la presidenza degli Stati Uniti. Prima che i casi di inganno e corruzione che possono affliggere la politica odierna, il film illustra prima di tutto la figura professionale dello spin doctor.
Un ruolo spesso in ombra, ma ormai fondamentale.
La nascita dello spin doctor
I manuali spiegano che la nascita dello spin doctor si debba ricondurre a Edward Bernays, pubblicitario americano inventore delle moderne pubbliche relazioni. Bernays, nipote di Freud, è ritenuto uno delle personalità più influenti del secolo scorso. Forte dei suoi studi sulla psicologia comportamentale, venne ingaggiato da molte aziende per indurre bisogni non necessari nei consumatori. Successivamente, curò la comunicazione del presidente Coolridge, il Presidente triste, per renderlo più umano e meno opaco.
Ma chi sono alcuni degli spin doctor attivi nell’arena politica italiana? Andiamo a scoprirli:
- Filippo Sensi: è stato l’artefice della scalata di Matteo Renzi da sindaco di Firenze a presidente del Consiglio passando per la segreteria del Partito Democratico. Sensi nasce come blogger: tramite il suo blog Nomfup (not my fucking problem, dall’intercalare tipico di uno dei personaggi di The Thick of it, serie inglese proprio sullo spin doctoring) dedicato alla comunicazione politica anglosassone è stato l’autore dello scoop che nel 2010 fece dimettere il ministro britannico della Difesa Liam Fox. Sensi ha curato tutta la comunicazione renziana: pare sia stata sua l’idea della “rottamazione” come leitmotiv dell’ascesa dell’ex sindaco di Firenze. Dopo la sconfitta referendaria e le duplici dimissioni di Renzi, il ruolo di Sensi pare un po’ ridimensionato nella comunicazione politica renziana, con il Michele Anzaldi in rampa di lancio.
- Luca Morisi: il suo nome non vi dirà molto ma Luca Morisi è il deus ex machina del rilancio della Lega Nord con la segreteria di Matteo Salvini. 42 anni, insegna “Informatica filosofica” all’Università di Verona: è lui il regista social dell’immagine del segretario leghista sui social network. La strategia social di Morisi è stata definita come “una strategia adatta a una birreria”: parlare alla pancia dei followers utilizzando espressioni dirette, dialettali e politicamente scorrette. Oltre a un aumento nelle intenzioni di voto (la Lega Nord viaggia stabilmente in doppia cifra) Luca Morisi ha avuto il merito di aumentare i numeri di Salvini sui social, i cui post ricevono sempre un’engagement elevatissima.
- Casaleggio Associati: dopo la morte di Gianroberto Casaleggio, la gestione della Casaleggio associati e della comunicazione del Movimento Cinque Stelle è passata al figlio Davide. Gianroberto può essere considerato come lo spin doctor di Beppe Grillo: lo ha accompagnato dalla creazione del blog fino, passando alla creazione del Movimento che dirigeva insieme allo stesso Grillo. Dalla Casaleggio associati parte tutta la comunicazione che riguarda il Movimento: dalla pubblicazione dei post sul blog alla comunicazione sui social dei vari portavoce.
- Jim Messina: nel corso degli ultimi decenni, diversi politici italiani si sono affidati a guru americani come consulenti politici. Per fare qualche esempio, Francesco Rutelli nel 2001 affidò la sua campagna elettorale come candidato premier a Stan Greenberg, già nella “war room” di Bill Clinton, mentre nel 2013 Mario Monti decise di affidare la propria “salita in campo” a David Axerold, consulente di Barack Obama. In entrambi i casi il risultato fu dimenticabile. Per la campagna elettorale per il referendum costituzionale Matteo Renzi ha affiancato a Filippo Sensi, il consulente americano Jim Messina. Il quale ha consigliato Renzi di umanizzare la propria figura, facendosi vedere più spesso al fianco di sua moglie. Anche in questo caso, come ben sappiamo, il risultato è stato un flop. Sintomo forse di una refrattarietà dell’elettorato italiano ad assimilare azioni comunicative più adatte all’elettorato anglosassone. L’insuccesso al referendum è stato il culmine di un hannus orribilis per Messina, dopo le consulenze offerte per la campagna anti-Brexit, per Mariano Rajoy e per Hillary Clinton.