Il processo di evoluzione tecnologica della nostra epoca si presenta come un trend apparentemente senza soluzione di continuità e capace di investire ogni settore della nostra vita.

In questo ambito, è inevitabile individuare nei nuovi media che si sono diffusi negli ultimi anni i protagonisti di una rivoluzione che ha ridotto, se non azzerato, barriere spazio-temporali precedentemente ritenute insormontabili.

Oggi le persone comunicano istantaneamente a chilometri di distanza via telefono, email, social media o utilizzando app: mobilità e indipendenza sono diventate le parole d’ordine del nostro tempo, elementi che le persone si aspettano di riscontrare anche quando si parla di salute.

In effetti, quella dell’ammodernamento del sistema sanitario anche dal punto di vista comunicativo è una sfida che il settore dovrà raccogliere nei prossimi anni, traducendo gli stimoli e gli esempi provenienti da altre esperienze in iniziative che puntino al raggiungimento di una sempre maggiore interattività e connessione con l’utente.

L’errore più grande sarebbe interpretare la prova dell’innovazione esclusivamente come una necessità e non come un’opportunità. Perché in questo senso, sia il sistema pubblico che quello integrativo trarrebbero enormi vantaggi da investimenti mirati alla modernizzazione tecnologica del settore.

Una comunicazione ben gestita è in grado di semplificare l’accesso e la fruizione dei servizi migliorandone al contempo la qualità, ottimizzare i processi interni e accrescere la soddisfazione degli utenti. Insomma può fare la differenza in qualsiasi fase di contatto tra operatori e pazienti, così come tra operatori e struttura sanitaria o tra struttura sanitaria e altri enti. Il tutto al netto di ritorni economici rilevanti sia per chi eroga i servizi che per l’intera comunità.

Si pensi ad esempio all’impatto che i sistemi automatici di Cup Recall hanno avuto nel ridurre le liste di attesa del settore pubblico: a un solo anno dall’adozione di questo strumento, la ASL Torino 1 ha dichiarato di aver recuperato 16mila visite con un risparmio di 800mila euro.

Altro esempio calzante è quello degli strumenti di telemedicina al servizio del popolo dei malati cronici. Un tema centrale soprattutto per l’Italia che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità è il paese più vecchio d’Europa (21,4% dei cittadini over 65 e 6,4% over 80) e il secondo al mondo dietro al Giappone. Applicati alla sanità digitale, tecnologia e comunicazione multicanale possono abbattere i costi legati principalmente alle ri-ospedalizzazioni e garantire servizi di alta qualità sotto forma di assistenza e riabilitazione a domicilio in presenza di un monitoraggio costante.

Inoltre, sistemi di teleconsulto e comunicazione video hanno dimostrato di avere ottimi ritorni anche nel caso delle malattie psichiche dove la solitudine, della famiglia oltre che del paziente, costituisce spesso e volentieri il primo ostacolo da abbattere.

In poche parole, la rivoluzione della Sanità 2.0 è già iniziata ed è necessario adeguarsi prima possibile agli standard più moderni. Non sarà facile, perchè se l’UE sconta complessivamente 10 anni di ritardo rispetto agli Stati Uniti nel processo di informatizzazione sanitaria, l’Italia paga ancora di più questo gap a causa di un sistema sanitario federalista che ha generato enormi squilibri tra le Regioni in termini di avanguardia e qualità dei servizi.

Nel frattempo, fuori dai confini italiani, gli effetti positivi di strumenti come la telemedicina sono stati dimostrati scientificamente: già nel 2011 lo studio Whole System Demonstrator Programme, effettuato in Inghilterra su 6.200 pazienti con patologie croniche, ha registrato una riduzione della mortalità e dei ricoveri al pronto soccorso rispettivamente del 45% e del 20%.