Justin Trudeau, ventitreesimo e attuale Primo Ministro del Canada, ha vinto le elezioni nel 2015, ma nonostante la prossima tornata elettorale sia ancora lontana, Trudeau sembra comportarsi costantemente come se le elezioni fossero già alle porte: intraprende numerose visite istituzionali sia all’interno del Canada che all’estero, non si nega mai alle attenzioni dei suoi cittadini e si impegna a utilizzare un linguaggio chiaro e capace di arrivare a tutte le classi sociali e d’età senza compiere mai un passo falso nella comunicazione.

Molto amato dai cittadini e dalla stampa per il suo comportamento equilibrato e il suo approccio innovativo rispetto al suo predecessore, il conservatore Stephen Harper, e vivendo in un contesto globale in cui sembrano prevalere le politiche populiste e in cui mai come ora l’elettorato è sempre più diviso e poco fiducioso nelle figure politiche, nel 2016 la Presidenza del liberale Justin Trudeau segna una fase di rottura con il suddetto stile di fare politica.

I temi portati avanti dall’agenda di Trudeau sono stati sin dall’inizio della campagna elettorale dichiaratamente di stampo riformista: il leader si è dimostrato più volte a favore dell’accoglienza dei migranti, delle politiche ambientali, del multiculturalismo, della multietnicità, opponendosi con forza alla discriminazione razziale. A ciò si aggiunge un’apertura verso temi ancor più delicati come l’aborto e l’eutanasia.

Un concreto “real change” moderato, come recitava lo slogan scelto per la sua campagna elettorale, e che rappresenta una linea politica che ben si è sposata con le esigenze dei canadesi, sostituendo all’immagine di una nazione percepita come eccessivamente dipendente dai cugini americani il profilo di un Paese più autonomo e indipendente.

Nel suo primo anno di Presidenza, Justin Trudeau, figlio d’arte di un altro Primo Ministro canadese, non ha smesso di sviluppare un confronto con i cittadini, portando avanti uno stile politico molto empatico e coinvolgente, insieme a un piano comunicativo che coniuga adeguatamente le sue attività di Primo Ministro con quelle rientranti nella sfera privata e della famiglia che spesso lo accompagna durante impegni pubblici, e istituzionali.

Come si era intuito già durante la campagna elettorale, l’empatia che caratterizza lo stile comunicativo “trudoniano” si esprime in primo luogo attraverso i social network, principalmente Facebook e Instagram. In questo senso, è fondamentale l’apporto di Adam Scotti, il fotografo personale di Trudeau che segue il Premier in ogni momento della sua giornata. L’elemento innovativo che lo rende diverso dai suoi colleghi (Obama docet), consiste nella scelta delle foto diffuse: non solo incontri e eventi istituzionali, ma anche scatti nei momenti di tempo libero: il Primo Ministro canadese mentre fa yoga in ufficio, in abbigliamento casual durante una passeggiata in campagna con la famiglia, mentre si fa un selfie con Obama, oppure mentre assiste a una partita di hockey.

A ciò si aggiunge la tendenza a utilizzare un linguaggio spesso e volentieri autoironico e umoristico.

Lo staff di Trudeau declina perfettamente questa linea comunicativa con il crescente uso dei social, caratterizzati dal forte impatto delle immagini, e non ha mai smentito il forte approccio digital nel raccontare la politica per rendere la sua immagine efficace e in sintonia con l’innovazione tecnologica. Uno stile che ancora oggi si rivela una carta vincente.

Fattori che contribuiscono a diffondere l’immagine di un Premier sincero, energetico e ottimista e ad accrescere la sua popolarità oltre i confini canadesi.

L’immagine positiva di Justin Trudeau, il suo messaggio unitario e la sua politica moderata si inseriscono come elementi di netto contrasto all’interno di un’annata politica caratterizzata da toni spesso esageratamente accesi e dall’uso di una dialettica populista che mai come quest’anno ha favorito una netta divisione dell’opinione pubblica e di conseguenza dell’elettorato.