Negli ultimi anni, le elezioni Presidenziali americane appaiono ogni volta caratterizzate dall’utilizzo di un nuovo mezzo di comunicazione digitale rispetto alle precedenti tornate.

L’utilizzo strategico delle email nel 2000, la diffusione di blog nel 2004, l’ascesa dei social media nel 2008 (Facebook e Twitter in primis), sono le tappe fondamentali di un trend evolutivo dei mezzi di comunicazione e, di conseguenza, delle abitudini dell’elettorato di informarsi, interagire e partecipare al dibattito pubblico.

Durante la campagna Clinton-Trump, è stato fatto un altro passo avanti, introducendo l’utilizzo sistematico di Snapchat, il social network creato da Evan Spiegel disponibile solo via mobile che permette di inviare ad altri utenti messaggi, video e foto dalla durata limitata.

Le ultime Presidenziali hanno messo in luce tutte le potenzialità del più giovane tra i social network. A cominciare dalla sua semplicità d’uso, elemento grazie al quale Snapchat ha raggiunto in soli cinque anni 200 milioni di utenti attivi al giorno, superando a livello globale Twitter. Una comunicazione veloce, semplice, senza fronzoli, che asseconda pienamente le esigenze di aggiornamento rapido e continuo dei cosiddetti millennials.

Le statistiche dimostrano che i giovani americani compresi nella fascia 18-24 hanno preferito accedere alle informazioni politiche tramite Snapchat piuttosto che attraverso i notiziari televisivi. Un fattore molto rilevante per comprendere come avviene la fruizione delle notizie da parte dei più giovani e di conseguenza la formazione del loro pensiero politico.

Già durante le primarie, sia gli esponenti Repubblicani che quelli Democratici sono stati molto attivi su Snapchat, ma col passare del tempo i candidati del GOP, come Ted Cruz e Donald Trump, hanno progressivamente diminuito la pubblicazione dei contenuti, lasciando la piattaforma nelle mani di Clinton e Sanders.

Come ha recentemente sostenuto Hector Sigala, Digital Strategist della campagna di Sanders, attraverso Snapchat lo staff del Senatore del Vermont ha cercato di dare ai suoi sostenitori un ampio sguardo sul “dietro le quinte” della campagna elettorale, veicolando contenuti che non sarebbero stati altrimenti pubblicati sugli altri social network.

I collaboratori di Sanders hanno pertanto pubblicato giorno dopo giorno video e foto all’interno della cosiddetta Storia del profilo di Sanders al fine di mostrarne la dimensione più intima e aumentare l’empatia nei confronti dei cittadini. Una finestra dal taglio informale che predilige l’aneddoto, lasciando agli altri strumenti l’approcio più istituzionale.

Sempre dal fronte democratico, durante la corsa alle Primarie sia Sanders che Clinton hanno inoltre utilizzato numerosi filtri geolocalizzati, una sorta di adesivi virtuali che ogni utente di Snapchat può inserire all’interno della foto e disponibili unicamente in una specifica area geografica. Lo staff di Sanders ha più volte acquistato dei geofilters ad-hoc che rappresentassero il candidato democratico, mentre i consiglieri digitali della Clinton hanno optato per l’uso di emojis e disegni per alleggerire e variegare il discorso politico.

Anche il neo eletto Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha utilizzato Snapchat per coinvolgere i suoi elettori, optando per dei post interattivi nel tentativo di ampliare il proprio database di e-mail e allo stesso tempo attaccando Hilary Clinton, ma rispetto alla candidata democratica l’uso che ne ha fatto è stato minore e meno costante.

Una scelta, quella di Trump e del suo staff, che ottimizza le risorse rispetto al target elettorale principale: la white working class americana. Un bacino di utenza che non ha confidenza con Snapchat, prediligendo i social di prima generazione come Facebook e Twitter.

Ma Snapchat non è stato l’unico nuovo protagonista a entrare in scena durante le campagne elettorali. Vale la pena infatti soffermarsi sull’utilizzo di altre applicazioni rivelatesi altrettanto utili, come Tinder e addirittura Pokemon Go.

La prima, nota applicazione di dating, nel periodo precedente al voto aveva rilasciato “Swipe the vote”, iniziativa interna all’app che attraverso le modalità tipiche di Tinder poneva ai giovani americani domande riguardo la politica interna del loro Paese per aiutarli a capire se fossero più vicini al candidato repubblicano o alla candidata democratica.

Pokemon Go, il videogame che in una settimana è diventato l’app di gaming più famosa negli Stati Uniti, è stata invece utilizzata dallo staff di Hillary Clinton per portare i “cacciatori di Pokemon” in determinati punti di interesse attrezzati per il voto.

Un’iniziativa che ha immediatamente innescato la replica di Donald Trump, affidata a uno spot ironico in cui Hilary Clinton, impersonando uno dei popolari Pokemon, diventa “Crooked Hilary”, nickname utilizzato da Trump contro la sua rivale durante l’intera campagna.

A questo punto, vale la pena chiedersi se tali strategie abbiano sortito effetti positivi.

Sui 24 milioni di giovani sotto i 30 anni che hanno votato per eleggere il nuovo Presidente, una larga maggioranza ha scelto Hilary Clinton. Eppure, nonostante la strutturata campagna elettorale portata avanti online, la candidata ha ricevuto un supporto nettamente inferiore rispetto a quello riscosso da Obama nel 2008 e nel 2012.

Questa differenza di consenso può derivare da una discreta crescita di interesse verso i candidati del cosiddetto terzo partito, una terza forza alternativa e indipendente dai due partiti di riferimento (Dem e Gop). Il Libertarian Party ha corso per le presidenziali presieduto da Gary Johnson, portando avanti la sua campagna guadagnando qualche punto in più rispetto alle scorse elezioni  probabilmente a fronte della scarsa popolarità di Hilary Clinton e Donald Trump.

Sul fronte repubblicano, il consenso all’interno della stessa fascia di età è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2012, quando il candidato era Mitt Romney.

È chiaro che analizzando il contesto americano si fa riferimento a una situazione in cui, disponendo di ampie risorse sia in termini di finanziamenti sia di personale impiegato, i candidati hanno la possibilità di investire in tutti gli strumenti possibili e, allo stesso tempo, di sperimentarne di nuovi. Purtroppo non è sempre così.

Spesso e volentieri la vera sfida di una campagna elettorale consiste proprio nel saper utilizzare a pieno le poche risorse a disposizione. In tal senso esistono alcune regole di base da seguire, perchè la scelta degli strumenti comunicativi è una questione di strategia prima che di metodo.

La prima è che non sempre, essere ovunque paga. Meglio puntare sulla qualità che sulla quantità. Un account Facebook utilizzato adeguatamente, vale più di tre piattaforme social mai aggiornate.

La seconda è che gli strumenti scelti devono essere coerenti non solo con lo stile comunicativo e il profilo del candidato, ma con il contesto con il quale quest’ultimo si relaziona. Per fare un esempio banale, è inutile aprire un account Snapchat se il target di riferimento sono gli anziani.

Infine, ricordate che una persona non può occuparsi di tutto. La gestione di una campagna elettorale richiede risorse umane, questo vale anche per la comunicazione online. Quindi, ponderate le vostre scelte non solo in base alle vostre economie, ma anche in base all’ampiezza e alle competenze del vostro staff.

Ovviamente questo non è tutto. Per approfondire i molteplici aspetti di una campagna elettorale, vi invitiamo a scoprire i nostri servizi.