Negli ultimi 8 anni Michelle Obama l’ha definito con personalità e coraggio, in questi giorni Melania Trump lo sta indossando senza lasciar trasparire molto entusiasmo, mentre Jacqueline Kennedy, come ci ricorderà il film in uscita tra poco al cinema, ne ha fatto un simbolo di eleganza diventando un’icona femminile che ancora oggi non passa di moda.
Il ruolo da First lady è stato indossato e ridisegnato con molti stili e comportamenti diversi tra loro. Tra chi ha gestito il ruolo con intraprendenza e dedizione e chi ha invece preferito tenersi il più lontano possibile dai riflettori, l’essere moglie di un Capo di Stato o di Governo ha sempre significato anche essere un personaggio di riferimento nel panorama politico internazionale e a volte nell’opinione pubblica.
Se è vero che il termine First Lady fu coniato per la prima volta in America e che tutt’oggi l’uso ne venga fatto prevalentemente per riferirsi alla moglie del Presidente degli Stati Uniti, non è solo lì che la “prima donna” di Stato ha manifestato la sua importanza in qualità di supporto al marito.
Questa parola è stata utilizzata per la prima volta dalla rivista Frank Leslie’s Illustrated Newspaper nel 1860 in riferimento a Harriet Lane, che alla Casa Bianca era l’aiutante dell’unico Presidente degli Stati Uniti che non si fu mai sposato, ovvero suo zio James Buchanan, il 15esimo Presidente Usa.
First Lady Lane animò la Casa Bianca in un periodo storico incerto e si dice sia stata determinante nel favorire con entusiasmo e discrezione la crescita della vita sociale all’interno vita politica di Washington.
Ma é con l’arrivo di Mary Lincoln prima e di Eleonor Roosvelt poi che questo ruolo femminile passa a svolgere non solo le funzioni cerimoniali ma anche ad acquisire una vera e propria autonomia, incrementando l’interesse della stampa e della cronaca più frivola e non più fungendo solo da appannaggio a quella del marito.
La definizione della leadership è spesso stata una conseguenza di un forte impegno nel sociale. Senza il supporto della moglie di Franklin Delano Roosvelt, per esempio, il New Deal potrebbe non essere mai stato concepito, senza dimenticare che la Signora Roosvelt fu una tra le prime femministe e al contempo molto attiva nel promuovere i diritti civili e degli afroamericani.
Lo spettro delle donne dei presidenti Usa che negli hanno svolto un ruolo pubblico di rilievo partendo dalla loro posizione coniugale è decisamente molto ampio e non riusciamo qui a raccontarle tutte, ma per quanto riguarda le più influenti nella seconda parte del Novecento, risulta difficile non citare Jaqueline Kennedy e Nancy Reagan.
Nel primo caso, l’avvento dei mass media televisivi ha ulteriormente amplificato la figura della First Lady attraverso la moglie di JFK, che grazie alla sua attitudine elegante e composta, sia nel vestire che nei gesti, ha reso l’essere consorte del Presidente una questione di stile, permettendole di rimanere ancora oggi un’icona di riferimento alla pari delle grandi attrici di Hollywood.
Dall’altra parte, Nancy Regan, che si è sempre dimostrata un forte sostegno per il marito già all’epoca in cui era Governatore e in seguito durante la campagna elettorale che lo portò alla Presidenza.
Per far intendere la portata della sua influenza nella politica del marito e di conseguenza nella storia degli Stati Uniti basta ricordare che fu lei stessa che nel 1982 coniò il famoso slogan “Just say no” all’interno della campagna anti droga lanciata dall’amministrazione e rivolta a tutti i giovani del Paese.
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All’interno del retroscena politico fu sempre lei la prima ad aiutare il marito a riprendersi dall’Irangate, lo scandalo che colpì l’amministrazione Reagan accusata dell’organizzazione del traffico illegale di armi con l’Iran: in quel momento l’ex attrice cercò in tutti i modi di convincere suo marito a scusarsi pubblicamente e in questo modo di attutire le critiche dell’opinione pubblica e del resto dell’establishment politico. Seguendo il consiglio della moglie, alla fine Reagan uscì dall’empasse proprio esponendo pubblicamente le sue scuse in televisione, contribuendo inoltre al visibile aumento del suo consenso.
Un esempio lampante, da parte di quella che per molti è la più grande storia d’amore nella politica americana, del fondamentale sostegno che può rappresentare la figura della First Lady al momento di scelte politiche determinanti per il Paese e il Presidente stesso.
E in Italia?
Nel nostro Paese il ruolo che per gli anglosassoni è quello della First Lady è meno definito, perché questo appellativo può essere attribuito sia alla moglie del Presidente della Repubblica che alla moglie del Presidente del Consiglio dei Ministri, nonostante dagli ultimi anni si tenda a identificare come “Prima donna” specialmente la consorte del Premier.
L’eccezione che conferma la regola è rappresentata da Franca Pilla in Ciampi.
A fianco di uno dei Presidenti della Repubblica più amati d’Italia, la Signora Ciampi acquisì molta notorietà per averlo accompagnato a ogni incontro tenutosi in Italia e all’estero e per aver rinforzato l’immagine di entrambi agli occhi dell’opinione pubblica attraverso una schiettezza pur sempre accompagnata da modi cortesi.
Negli anni Franca Pilla è riuscita sempre a inserirsi in maniera critica – a volte fuori dal protocollo – all’interno del dibattito pubblico, compensando la timidezza del marito Carlo , ma senza mai metterne in ombra l’autorità.
Decisamente più discreta, ma dalla presenza non meno incisiva nel percorso politico del marito, è stata sicuramente Livia Danese, moglie di Giulio Andreotti.
Soprannominata da lui stesso “la marescialla”, Livia Danese è stata un’ombra discreta nel dietro le quinte politico italiano, nonché l’unica a cui fosse concesso di metter mano sulla scrivania del “divo” e sulla quale – come disse Enzo Biagi – “non c’è aneddotica”.
Da una panoramica complessiva, risulta evidente che le inquiline del Quirinale e di Palazzo Chigi, rispetto alle colleghe d’Oltreoceano, mantengano un profilo molto più basso e discreto, sia in termini di esposizione mediatica che nel look, cercando piuttosto di sfuggire ai riflettori invece che ricercarli. Difficile inoltre pensare che le first ladies made in Italy presenzino a talk show o a momenti mondani se non per accompagnare il marito.
Ciò non si può dire di quanto accaduto durante il governo Berlusconi, passato più volte alla cronaca non solo per le vicende giudiziarie e politiche che lo hanno coinvolto, ma anche per la sua separazione dalla moglie Veronica Lario e i suoi successivi fidanzamenti. Un periodo in cui la figura della first lady viene invece ridimensionata e la cui autonomia si definisce, al contrario, in opposizione e contrasto al marito.
In tempi ancora più recenti, durante il governo Renzi si è assistito a un cambio di rotta della moglie del Primo Ministro, Agnese Landini.
Se durante il primo periodo dell’ascesa dell’ex Premier la signora Renzi ha preferito evitare gli incontri con i media, negli ultimi due anni ha saputo costruire un’immagine e un’attitudine molto apprezzata alle cerimonie istituzionali e durante gli incontri con i Capi di Stato, dimostrandosi sempre all’altezza degli appuntamenti.
Un passo in avanti che col senno di poi può sembrare un tentativo di migliorare l’immagine del marito e aumentare quel consenso che nella seconda fase di governo ha subito una consistente diminuzione, fino ad arrivare alle vere e proprie dimissioni. Anche il discorso di dimissione dalla carica è stato però un momento in cui, probabilmente più che mai, la figura di Agnese è stata importante nel racconto mediatico.
Oggi la figura della First Lady viene rimessa ulteriormente in discussione dall’arrivo di Melania Trump alla Casa Bianca, che prenderà il posto di Michelle Obama.
Sostituire l’avvocatessa Obama e coltivare l’orto botanico che fece istituire alla Casa Bianca non sarà compito facile per la modella slovena moglie di The Donald, che finora si è dimostrata poco entusiasta per il trasferimento a Washington DC (posticipato fino alla fine della scuola dei figli), desiderosa di rimanere nell’ombra, ma sempre devota al marito, nonostante tutti i suoi passi falsi.
A quanto sostenuto in diverse interviste, la signora Trump, non sentendosi perfettamente a suo agio con gli strumenti social 2.0. si asterrà dall’esporsi pubblicamente attraverso i social media perché li ritiene un pericolo specialmente per i più giovani. Un’affermazione che sembra distanziarla fortemente dal tono fuori dalle righe che utilizza il marito nei suoi tweet.
A oggi, c’è un ampio flusso di contenuti pubblicati da tutti gli utenti di internet che desiderano dimostrarle sostegno online, lanciando anche un hashtag dedicato (#freemelania) per invitarla ad abbandonare il marito e la posizione di First Lady.
Fatto curioso è che in realtà Mrs Trump ha sempre sostenuto di essere pienamente consapevole di aver sposato un personaggio sui generis qual è The Donald e che non ha necessità di evasione dal suo attuale e neo ruolo.
Anche in questo contesto, parlando del rapporto con i social media – strada ampiamente spianata dai coniugi Obama -, la FLOTUS che accompagnerà POTUS alla guida degli Stati Uniti sarà molto diversa dalla precedente, sia off che on line.
Nonostante la dichiarata ammirazione per Jackie Kennedy, la First Lady nell’era Trump, a quanto sostenuto finora, sarà molto più simile a Laura Bush, più focalizzata nel contribuire alla felicità del marito e alla tranquillità domestica, che all’influenzare la situazione politica o l’opinione pubblica.