Domenica 6 Dicembre, il Front National è stato protagonista assoluto del primo turno delle elezioni regionali, attestandosi come primo partito in 6 regioni così come a livello nazionale con il 28% dei voti. Sette giorni dopo, l’onda d’urto del partito guidato da Marine Le Pen si è infranta contro il fronte comune organizzato da socialisti e repubblicani e un sistema elettorale tanto spietato quanto inadatto nella sua applicazione in un contesto ormai indiscutibilmente tripolare.

Come già era accaduto alle dipartimentali di Marzo, ancora una volta, l’impressione è che il Front National sia in grado di spaventare il sistema, ma non di abbatterlo. Così Sarkozy e Hollande si sono spartiti le regioni in palio lasciando a Marine Le Pen un pugno di mosche. Verrebbe quasi da pensare che niente sia cambiato, ma in realtà la situazione che si cela dietro a questo risultato è decisamente più complessa e meno rosea di quanto sembri per repubblicani e socialisti in vista delle elezioni presidenziali del 2017. Lo sanno bene sia a destra che a sinistra. Per questo, al termine dello spoglio, le bottiglie di champagne sono rimaste sulla rastrelliera.

È vero, nell’immediato il potenziale in termini elettorali del Front National è stato disinnescato, ma a quale prezzo?

Quello più alto lo paga senza dubbio il Partito Socialista, subendo un netto calo di consenso e la vittoria in sole 5 regioni. Numeri che stridono fortemente con la straordinaria performance registrata nella precedente tornata del 2010 e che si concretizzano nella perdita di regioni strategiche come l’Ile de France, ovvero il centro nevralgico dell’economia e della finanza francese, che da sola rappresenta un quinto della popolazione nazionale. Il tutto condito dall’umiliazione di aver dovuto sostenere il partito di Sarkozy per far fronte all’avanzata del Front National, rinunciando a presenziare per i prossimi sei anni nei Consigli regionali di Nord-Pas de Calais-Picardia e Provenza-Alpi-Costa Azzurra.

Per quanto riguarda Les Republicains, che alla vigilia confidavano in un risultato trionfale, il confronto con il Front National è vinto in larga parte grazie al sacrificio dei socialisti. Inoltre, il recupero della maggioranza delle regioni non nasconde una perdita di consenso da parte delle forze più moderate, frutto anche dell’incapacità del partito di rinnovarsi concretamente e di costituire una valida alternativa su molti temi alla formazione di Marine Le Pen. In tal senso, anche la leadership di Nicolas Sarkozy è sintomatica delle suddette difficoltà.

Venendo al Front National, dopo l’exploit del primo turno elettorale è innegabile che le ambizioni di Marine e Marion Maréchal fossero quelle di aggiudicarsi almeno le due regioni dove loro stesse si erano candidate, ma non tutto è da buttare.
Il partito ha ottenuto 6,8 milioni di voti, un risultato mai raggiunto prima, attestandosi al momento come prima forza nazionale. Inoltre, al momento quella frontista sembra essere l’unica realtà capace di convogliare attorno a sé un voto di appartenenza sia “pro” che “contro” determinate tematiche. Questo perché il Front National è in grado di fornire una vision e risposte, per quanto opinabili, semplificate e irrealistiche, a problemi complessi. Cosa che i partiti storici al momento non sembrano essere in grado di offrire. E questo è ciò che le elezioni regionali hanno drammaticamente sottolineato.

Tra un anno e mezzo, nella primavera 2017, si correrà per le presidenziali e con molta probabilità Marine Le Pen accederà al ballottaggio. Socialisti e repubblicani hanno ricevuto un avvertimento chiaro e senza mezze misure: la vera sfida al Front National è solo rimandata.