Scacco matto al bipartitismo in Austria. È questa la sentenza decretata dai risultati del primo turno delle elezioni Presidenziali. Uno scossone a un sistema nel quale i due partiti tradizionali hanno governato il Paese dal 1945.
Partito Socialdemocratico (SPÖ) e Partito Popolare (ÖVP) chiudono entrambi all’11%, registrando un crollo oltre ogni aspettativa. Al secondo turno del 22 Maggio accedono invece i Verdi del candidato Alexander Van der Bellen, con il 21% dei consensi, e Norbert Hofer del Partito della Libertà (FPÖ), vero vincitore del primo turno, che con il 35% dei voti ottiene il miglior risultato di sempre da quando, nel 1980, Jörg Haider fondò il partito di estrema destra.
Se anche al secondo turno dovessero confermarsi questi risultati, l’Austria eleggerebbe per la prima volta un Presidente non appoggiato dai due partiti storici.
Tanti i motivi che hanno portato a questo risultato: in primo luogo quella disaffezione nei confronti dei partiti tradizionali che in larga parte delle democrazie industrializzate si sta attestando come un fattore semi-strutturale. A ciò si sommano criticità come l’aumento della disoccupazione legata a una debole, se non inesistente, crescita economica così come l’esposizione a flussi migratori sempre più intensi.
Problemi e criticità ai quali, come in altri scenari europei, i partiti tradizionali non hanno saputo trovare una soluzione efficace. In questo contesto, le mosse false di ÖVP e SPÖ sono facilmente individuabili.
La prima è stata quella di aver scelto candidati poco carismatici e con scarso appeal nei confronti del proprio elettorato di riferimento. In particolare per quanto riguarda il Partito Popolare, Khol è sempre stato considerato una seconda scelta dopo che Erwin Pröll ha inaspettatamente rinunciato alla candidatura.
La seconda, che chiama in causa principalmente il Partito Socialdemocratico nelle vesti del Cancelliere Werner Faymann, riguarda la gestione della questione migranti: la politica delle frontiere aperte scelta inizialmente per gestire il problema, si è rivelata una vera e propria bomba a mano deflagrata nella mani del Governo. Così, mentre l’SPÖ perdeva il controllo della situazione e il clima dell’opinione pubblica si faceva sempre più difficile, l’FPÖ cavalcava il tema nella direzione opposta, balzando in poco tempo in cima a tutti i sondaggi.
Come se non bastasse, il cambio di rotta del Cancelliere negli ultimi mesi ha avuto l’effetto controproducente di generare malcontento nell’ala più liberal del SPÖ e di esporlo al contempo alle critiche di coloro che auspicavano da tempo l’adozione di politiche e controlli più restrittivi alle frontiere. Così, il risultato è stato quello di rinforzare ancora di più le realtà che da sempre si erano fatte promotrici dei suddetti provvedimenti, confermando una regola ferrea da tenere sempre a mente in politica: l’originale vince sempre sull’imitazione.
In attesa del 22 Maggio, Hofer incassa dunque un successo promettente e le congratulazione degli altri leader europei della destra (Le Pen, Salvini, Wilders).
Adesso, la sfida per l’FPÖ sarà riuscire a concretizzare il risultato del primo turno, sventando il rischio di una disfatta sulle orme del Front National alle ultime regionali francesi quando, a causa dell’alleanza strategica tra Sarkozy e Hollande, Marine Le Pen restò con un pugno di mosche in mano.
Dall’altra parte, l’unica speranza del verde Van der Bellen sarà proprio compattare la sinistra contro la minaccia xenofoba rappresentata da Hofer.