La corsa alla nomination per le presidenziali 2016 è tutt’altra storia in casa repubblicana: sono addirittura in quattordici a contendersi il ruolo di candidato alla Presidenza degli Stati Uniti.
Le opinioni degli analisti si dividono sul fatto che questo affollamento possa costituire un vantaggio o uno svantaggio per il partito dell’elefantino.

Da un lato, si potrebbe argomentare che le primarie democratiche del 1992 e del 2008, dove si registrò un numero di candidati in doppia cifra, ebbero tutt’altro che un effetto negativo, visto che l’asinello si aggiudicò le successive tornate presidenziali rispettivamente con Bill Clinton e Barack Obama. Inoltre, un così ampio numero di candidati può significare che si percepiscono possibilità concrete di contendere la Casa Bianca ai democratici.

A queste considerazioni, c’è chi obietta sottolineando che l’ampio numero di candidati rivela in realtà la mancanza di un vero e proprio favorito in grado di compattare intorno a sé le quattro aree in cui si divide il Partito Repubblicano: establishment, Tea Party, libertari e destra sociale. Un lack di leadership che l’elefantino potrebbe portarsi dietro anche alle presidenziali.

Il dato certo è che, a prescindere dal vincitore, la corsa alla nomination repubblicana sarà una maratona estenuante per tutti i candidati, tanto dal punto di vista economico quanto da quello psico-fisico. Un fattore non da poco considerato che, sulla sponda democratica, Hillary Clinton sta preparando con largo anticipo il terreno per le elezioni presidenziali, forte di una leadership incontrastata nella corsa alla nomination.

JEB BUSH

Il fratello minore di G.W. Bush, è colui che più di ogni altro Repubblicano sta correndo una campagna in prospettiva delle elezioni vere e proprie. In tal senso, il messaggio del candidato mira a convincere non solo gli elettori delle primarie, ma anche quelli delle future presidenziali di poter contare su un bacino di consenso ampio e trasversale in grado di fare la differenza nella corsa contro i Democratici, assumendo un profilo credibile per l’elettorato centrista. In questa strategia, giocano a suo favore i forti legami con la comunità ispanica così come un forte radicamento negli stati più importanti nello swing elettorale.
Le campagne elettorali sono spesso una prova di resistenza che premia quei candidati capaci di commettere meno errori nel lungo termine e in tal senso, l’esperienza di Jeb Bush, le sue vaste risorse finanziarie, il family network e il radicamento tra gli swing voters sono tutti elementi in grado di determinare la sua vittoria.

BEN CARSON

Neurochirurgo in pensione, Carson ha iniziato a guadagnare molti sostenitori in seguito alle aspre critiche espresse nei confronti di Obama per la sua riforma sanitaria in occasione del National Prayer Breakfast del 2013. Può contare sul sostegno di coloro che sono delusi dall’estabilishment repubblicano e puntano a rinnovare il partito eleggendo un profilo di rottura e rinnovamento come quello che Carson si propone di essere. Sui temi etici, ha dimostrato una forte chiusura rispetto al progressismo obamiano. Nel corso dei confronti televisivi, si è dimostrato incline a utilizzare un linguaggio provocatorio e polemico, cadendo spesso in errori e dichiarazioni fuori luogo che nel lungo termine potrebbero intaccare il suo indice di gradimento (spicca tra tutte la dichiarazione rilasciata durante un’intervista alla CNN quando ebbe a dire che l’omosessualità è una scelta come dimostra il fatto che “in tanti quando entrano in prigione sono etero e quando escono sono gay”).
Inoltre, il suo successo dipenderà dalla capacità di reperire fondi per la campagna elettorale eguagliando la disponibilità di risorse economiche sulla quale possono contare altri candidati con un profilo anti-establishment analogo al suo (Ted Cruz, Marco Rubio, Rand Paul).
Nonostante ciò, a meno che non commetta errori grossolani, è difficile pensare che la sua figura all’interno del partito non ne uscirà rinforzata a prescindere dal risultato ottenuto.

CHRIS CHRISTIE

Governatore del New Jersey, i suoi elettori vengono dall’ala moderata del Partito Repubblicano. Nonostante le deboli connessioni con il mondo cristiano, si oppone alle politiche pro-aborto. Il suo messaggio punta a farlo apparire come l’unico candidato in grado di affrontare con serietà e coerenza temi scomodi e fastidiosi come, ad esempio, l’educazione. Negli ultimi anni Christie è stato la grande speranza di un partito diviso e allo sbando. Poi, nel 2013, la sua reputazione è stata fortemente danneggiata dalle indagini per presunte irregolarità nella gestione dei fondi federali per le vittime dell’uragano Sandy. Le sue possibilità di arrivare a Marzo dipendono principalmente dal risultato che registrerà nel New Hampshire, stato dove sta investendo la maggior parte delle energie e risorse a sua disposizione.

TED CRUZ

44 anni, Senatore degli Stati Uniti per il Texas, di origini cubane. Per vincere le primarie dovrà riuscire a unire tutte le aree anti-establishment del partito, che al momento si presentano come blocchi separati, e battere la concorrenza di candidati come Carson e Rubio con i quali si contende un’ampia fetta di elettorato. Esponente del Tea Party, il suo messaggio lo fa apparire non solo come il più conservatore dei candidati, ma anche come il più spregiudicato. In particolare sul piano sanitario, Ted Cruz si distingue per l’enfasi con la quale sottolinea le sue posizioni diametralmente opposte a quelle di Barack Obama. Dovesse vincere le primarie del suo partito, sarebbero proprio le sue posizioni nette ed estreme a dargli problemi per ottenere il consenso degli elettori più moderati.

CARLY FIORINA

Carly Fiorina è esponente della classe dirigente del Paese ed è espressione degli interessi dei ceti sociali più elevati. Essendo l’unica donna candidata alle primarie repubblicane, si è ritagliata un ruolo di nicchia attaccando la democratica Hillary Clinton senza però mancare di paragonarvisi quando si tratta di sottolineare la necessità di eleggere una donna al ruolo di Presidente degli Stati Uniti. Il suo messaggio è centrato sulla sua identità di donna di successo e le sue posizioni politiche potrebbero fare breccia nell’ala più conservatrice dell’elettorato. È liberista in materia economica e si oppone fortemente all’aborto e ai matrimoni omosessuali. Nonostante ciò, non sembra avere il profilo e le caratteristiche del candidato vincente. La sua candidatura è piuttosto l’esempio di come le primarie possano servire da trampolino di lancio per migliorare il proprio status nel mondo della politica così come in quello del business.

RAND PAUL

Rand Paul, di professione oculista e Senatore per il Kentucky dal 2010, è colui che polarizza attorno al suo profilo svariati tipi di elettori del mondo repubblicano: dai libertari che supportarono suo padre (Ron Carson) nel 2008 e nel 2012, agli ultraliberisti del Tea Party che si contende principalmente con Ted Cruz e Ben Carson, fino ad avere un forte appeal tra gli studenti del college e i neri, gruppi che ha corteggiato per oltre un anno e mezzo. A tal proposito, Paul ha mostrato posizioni più aperte di altri candidati sulla riforma dell’immigrazione, ottenendo la simpatia fra l’elettorato ispanico e afroamericano. Molto forte in Iowa e New Hampshire, dove suo padre arrivò secondo nel 2012 e soprattutto dove i suoi elettori non affiliati ai repubblicani sono liberi di votare senza restrizioni di tesseramento. Ama definirsi libero da qualsiasi partito e ha criticato i Repubblicani almeno tanto quanto lo ha fatto Obama in questi anni. Sia l’Asinello che l’Elefantino, dice, hanno condotto il paese alla rovina. Le sue possibilità di vittoria risiedono nella sua ideologia atipica tanto quanto basta per attrarre un elettorato trasversale, cosa che può favorirlo ancora di più in un palcoscenico affollato di candidati.

MARCO RUBIO

42 anni, di origini cubane, Rubio punta a posizionarsi come un conservatore di nuova generazione in grado di unire il Partito Repubblicano sotto il suo messaggio. Parla spagnolo fluentemente, fattore che contribuisce a fornirgli un appeal nei confronti della comunità ispanica. I suoi sostenitori vedono in lui un leader carismatico portatore di messaggi positivi, qualcuno in grado di rappresentare una ventata di freschezza e rinnovamento all’interno del partito, emozionando non solo gli elettori più giovani, ma tutti coloro che sono alla ricerca di un politico nel format tipico del 21esimo secolo. Il rischio, paradossalmente, è proprio quello di apparire come la brutta copia di Barack Obama, cosa che il suo staff sta evitando in tutti modi che succeda. La sua è la storia del figlio di immigrati che ha costruito con sforzi e sacrifici il proprio successo e la propria carriera di politico. Potrebbe vincere grazie alla sua posizione mid-range, non è né un conservatore convinto come Ted Cruz, né un uomo dell’establishment come Jeb Bush. Per questo ha le carte in regola per riunire e compattare tutte le fazioni più tumultuose del mondo Repubblicano.

DONALD TRUMP

Il miliardario americano promette di far tornare di nuovo grandi gli Stati Uniti d’America. Conduttore del reality “Celebrity Apprentice” sulla NBC, il New York Times ha parlato di lui come di un soggetto “Conosciuto per lo più come colui che dice –Sei licenziato!- in un paese ancora in fase di ripresa da una crisi recessiva di proporzioni storiche, piuttosto che come un candidato credibile per il mondo repubblicano”.
Non a caso, la sfida principale che Trump dovrà affrontare sarà investire sulla sua immagine e sul suo profilo, cercando di guadagnare terreno sul piano della credibilità di fronte agli elettori. Di sicuro però, grazie alla sua esperienza nel mondo della televisione, non ha mai avuto problemi a farsi ascoltare.

LINDSEY GRAHAM

Senatore del South Carolina, Graham è un ex militare e un politico di lungo corso. Il supporto alla sua candidatura arriverà in primo luogo da coloro che condividono il suo approccio alla politica: pragmatismo sui problemi interni e spiccato interventismo nella politica estera che lo pongono in continuità con la linea dell’ex Presidente G.W.Bush. Può non essere un vasto bacino elettorale, ma esiste un blocco di elettori repubblicani particolarmente sensibile al tema della sicurezza nazionale e alla necessità di riaffermare il ruolo di potenza leader degli Stati Uniti nel mondo. Un pragmatismo che si riflette anche nello stile comunicativo di Graham e che spesso lo induce a pronunciarsi in esternazioni sopra le righe. Recentemente in un incontro pubblico in Iowa ha detto: “Se sarò presidente degli Stati Uniti e scoprissi che qualcuno sta cercando di unirsi all’Isis o ad Al Qaeda, non chiamerei un giudice, chiamerei un drone e lo ucciderei”.
In ogni caso, non sembra avere le possibilità di battere candidati più accreditati anche in vista di un potenziale scontro con Hillary Clinton.

MICKE HUCKABEE

Ex Governatore dell’Arkansas, pastore battista e negli ultimi anni conduttore di un suo show su Fox News, già nel 2008 animò le primarie vincendo i caucus in Iowa. Un bacino elettorale sul quale farà affidamento anche in questa occasione. È altresì consapevole della necessità di estendere il suo consenso ad un più vasto numero di elettori, per questo sta indirizzando il suo messaggio agli anziani della working-class conservatrice ai quali promette di battersi per la tutela della sicurezza sociale e sanitaria.

JOHN KASIC

62 anni, di posizioni conservatrici moderate. Senza dubbio, il primo punto a favore di Kasich nella corsa alle primarie è il suo ruolo di Governatore dell’Ohio, uno stato tra i più popolosi e al tempo stesso uno “swing state”, cioè in bilico tra democratici e repubblicani e che per questo ha buone possibilità di rivelarsi decisivo per il risultato finale. Il tratto distintivo di Kasich rispetto agli altri candidati è rappresentato dalle sue posizioni rispetto alla riforma sanitaria di Obama, sul quale i suoi competitor sembrano schiacciarsi su opinioni molto simili tra di loro. Pur osteggiando l’ObamaCare, il Governatore dell’Ohio si è imposto per una maggiore tolleranza a riguardo, tanto da accettare nel suo stato l’estensione del MedicAid, uno dei programmi di assistenza sanitaria statale potenziato dalla riforma spiegando di avere il dovere di dare alla sua comunità il meglio possibile dall’Affordable Care Act. Una linea che lo rende particolarmente gradito agli elettori indecisi e indipendenti.

GEORGE PATAKI

Politico di grande esperienza, nel 1992 venne eletto al Senato e tre anni dopo divenne Governatore del New York battendo l’allora favoritissimo Mario Cuomo. Da quel momento ha amministrato lo Stato per tre mandati consecutivi. Di orientamento centrista, nel corso della sua carriera da Governatore è riuscito comunque ad accontentare l’ala più conservatrice del suo elettorato in particolare tramite la reintroduzione della pena di morte. Posizioni che stridono con il fatto che sia l’unico sostenitore dei diritti all’aborto tra i candidati repubblicani. Si presenta come un politico che ha ottenuto nel New York molto di quello che i repubblicani aspirano ad ottenere a livello nazionale, incluso una riduzione della burocrazia, tagli alle imposte e contenimento delle spese statali.

RICK SANTORUM

Senatore della Pennsylvania dal 1995 al 2007, punta a convincere gli elettori della working-class di essere l’unico candidato in grado di curare davvero i loro interessi. Il suo messaggio enfatizza molto sulla sua affidabilità di politico navigato e ricorda spesso agli elettori i suoi avvertimenti di anni fa riguardo la minaccia del radicalismo islamico. Ha idee molto conservatrici rispetto a temi contro l’omosessualità, la sicurezza sociale, la bioetica e l’eutanasia. E’ contro il diritto all’aborto, l’utilizzo di contraccettivi e supporta un emendamento costituzionale per dichiarare fuori legge i matrimoni tra individui dello stesso sesso. Posizioni talmente nette che si sono tradotte in un vero e proprio storytelling: Santorum e la moglie infatti, decisero di portare a termine la gravidanza della loro ottava e ultima figlia nonostante la diagnosi di una rara malattia congenita. I coniugi hanno cavalcato la vicenda personale facendone un elemento di marketing politico tramite la pubblicazione di un libro che racconta la nascita della bambina disabile. Molti analisti ritengono che la presentazione del volume potrebbe avere un consistente ritorno elettorale. Inoltre Santorum non manca mai di rimarcare la sua “scelta coraggiosa” in talk show o nei social network.