«Se dovessi scegliere un aggettivo per il Governo, direi: rassicurante» così Paolo Gentiloni ha voluto definire il suo esecutivo, in uno dei passaggi più significativi della sua intervista a Domenica In. Ormai in procinto di celebrare i suoi primi cento giorni di mandato, il Premier ha scelto proprio il salotto di Pippo Baudo per una delle sue rare apparizioni televisive.
L’intervista ha tratteggiato tutte le caratteristiche della comunicazione gentiloniana, in un contesto anch’esso rassicurante come quello del contenitore domenicale di RaiUno.
Con il suo storytelling, Gentiloni punta a “normalizzare” dal punto di vista comunicativo l’azione di Governo, in netta contrapposizione con quello stile enfatico (e a tratti esasperato) del suo predecessore, Matteo Renzi, che aveva raggiunto l’apice durante la campagna elettorale per il referendum costituzionale.
L’ex Ministro degli Esteri ha rivendicato “la moderazione” come un pregio se considerata come “rispetto” e non come attitudine a non decidere. Gentiloni ha inoltre ricordato la continuità col Governo precedente, sottolineando però di non avere “le energie e la dinamicità” del suo predecessore. Ma anche annunciato come voglia aprire una “fase due” dell’azione del proprio esecutivo, improntata su riforme strutturali: in altre parole, orizzonte di fine legislatura più vicino per il Governo nonostante le pressioni dello stesso Renzi sul voto anticipato.
Come sottolineato da Marco Damilano sull’Espresso, il “metodo Gentiloni” agisce privilegiando il come una decisione viene presa (“decidere non basta”) e l’inclusione selettiva, ovvero ascoltare e confrontarsi con il più ampio numero di interlocutori possibile prima di decidere.
Anche la comunicazione governativa ha “cambiato verso”: la comunicazione del Renzi istituzionale, guidata da Filippo Sensi, era tutta incentrata sul Premier. Una scelta strategica che non stupisce, considerato che l’ex Sindaco di Firenze, per natura, ha sempre avuto le spalle larghe (e l’ambizione) per sostenere senza fatica questo ruolo da protagonista.
Diversa la situazione con Gentiloni, dove si registra fin da subito un maggior peso comunicativo dei componenti dell’esecutivo (Minniti e Calenda su tutti) e un atteggiamento più pacato e remissivo del Primo Ministro.
Il Premier raramente parla in prima persona, preferendo uno stile impersonale molto legato alla sua esperienza di uomo dietro le quinte: è stato, infatti, impegnato a costruire la leadership prima di Rutelli, nel 2001, e poi di Veltroni, nel 2008.
Renzi, invece, ha da sempre basato la sua carriera politica sull’”Io”: anche nel momento più critico (la sconfitta al referendum) ha privilegiato una comunicazione personalizzata (“Io non ho perso, io ho straperso”).
La diversa comunicazione tra i due profili appare chiaramente anche dai social media. Il Renzi premier era dell’idea che il “fare” dovesse andare di pari passo col “comunicare”. In tal senso, i social sono sempre stati strumento prediletto per raccontare le attività del Governo e promuoverne i successi, con l’utilizzo anche di numerosi hashtag (#italiariparte, #lavoltabuona, #passodopopasso).
Decisamente più moderato l’approccio di Gentiloni, che usa moderatamente Twitter (un tweet al giorno di media) e ha una pagina Facebook utilizzata esclusivamente per rilanciare i video dei propri interventi pubblici.
Essere a livello comunicativo l’antitesi al renzismo sta premiando Gentiloni nei sondaggi di popolarità. Dopo anni caratterizzati da una comunicazione accelerata e frenetica e dall’ipermediaticità di Matteo Renzi, lo stile comunicativo di Gentiloni, per quanto possa sembrare poco al passo con i tempi, sta raccogliendo un gradimento consistente, come testimoniato dai numeri che presentiamo di seguito.
Secondo Demos, il premier è la figura politica più apprezzata dal campione intervistato dall’istituto di Ilvo Diamanti con il 48% delle preferenze, in aumento rispetto all’ultima rilevazione, contro il 37 e il 35 di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, rispettivamente.
Matteo Renzi, invece, si ferma al 33%, in calo di 3 punti rispetto a un mese fa: nel corso del 2016 non ha mai superato quota 44%. n Nando Pagnoncelli ha sottolineato come la popolarità di Gentiloni sia aumentata di 8 punti percentuali rispetto al dicembre scorso.
Il direttore di Ipsos ha sottolineato come «l’aumento di Gentiloni è da ricondurre, come già osservato, sia allo stile di governo e di comunicazione, sia alla domanda che molti cittadini esprimono di ‘decantazione’ del clima infiammato che aveva caratterizzato i tempi recenti».
D (Pippo Baudo): “Cosa deve fare il governo?”
R (Paolo Gentiloni): «Chi governa non deve cercare popolarità, deve cercare di risolvere i problemi, se è possibile».
Il ritratto di un premier che non mira alla popolarità a tutti i costi, e che paradossalmente risulta in prima posizione nei sondaggi di popolarità si rispecchia anche in ambito politico, dove può permettersi di agire con più prontezza e decisione, scrollandosi di dosso l’idea di provvisorietà affibbiata al suo governo.