Siamo bombardati da informazioni e soprattutto da fake news, quelle che comunemente chiamiamo “notizie false”. Ormai questo non fa “più notizia”, come si dice in gergo giornalistico. Ma per chi lavora nel mondo della comunicazione o per chi ci sguazza per interesse o curiosità, le fake news sono un problema perché vanno concretamente a inficiare il lavoro dei giornalisti e dei comunicatori, più in generale. Gli autori del famoso dizionario di lingua inglese Collins Dictionary hanno definito fake news parola dell’anno nel 2017. Una decisione che non stupì neppure gli addetti ai lavori dal momento che ormai questa espressione era entrata prepotentemente nelle teorie dei social media e della comunicazione politica.
Nel dizionario Collins, le fake news sono «informazioni false, spesso dal tono sensazionale diffuse come notizie». Ma, in realtà, le notizie false sono anche un’eredità del passato. In che senso? Lo spiega abbastanza bene Paolo Mieli, storico e giornalista, che nel suo ultimo libro “Le verità nascoste”, edito da Rizzoli e approdato da pochissimo in libreria, monta e smonta trenta casi di manipolazioni di notizie che rappresentano anche dei momenti fondamentali della storia nazionale e internazionale. Infatti, quello che Mieli cerca di dimostrare è proprio come, accanto all’ormai noto e pericoloso mondo delle fake news, ne esiste da tempi antichi, uno ancora più pericoloso che è quello delle fake history. Un mondo che, forse, conviene conoscere per avere un’arma in più con cui riconoscere le notizie false che, oggi, si insinuano terribilmente nella rete e che soprattutto i Millennials – non sempre riescono – a distinguere.
L’eroico ingresso a Fiume di D’Annunzio è stato da sempre utilizzato come elemento fondante dei Fasci di combattimento, ma in realtà molti dei legionari che parteciparono non aderirono mai al Fascismo. Ecco, questo è uno dei trenta casi che Mieli smonta invitando il lettore a diffidare da fonti inattendibili e da versioni dei fatti alterate. Un po’ come dovremmo fare oggi anche quando le fake news vengono diffuse attraverso i social media e diventano “news” alla velocità della luce, senza ovviamente alcuna verifica. Dalla finta rivoluzione di Tarquinio il Superbo al corpo clandestino di Goffredo Mameli, passando per la Spagnola – l’epidemia che cambiò il Novecento e che quasi nulla aveva a che fare con la Spagna – non c’è dubbio che «le verità capovolte sono quelle che diventano Verità come effetto di un capovolgimento di una storia come era raccontata precedentemente».
Tra le «verità indicibili» Mieli non può non citare le origini rivoluzionarie della mafia siciliana, proprio perché in molti abbiamo «un’idea approssimativa della mafia e delle sue origini». C’è un fil rouge che unisce i trenta casi con i quali l’ex direttore del Corriere della Sera dimostra, in modo emblematico, come le Verità nascoste sono quelle Verità «indicibili, capovolte e negate». Mieli le analizza con il rigore dello storico e l’occhio sempre vigile del giornalista. Quel rigore e quell’acume che dovrebbero guidarci nel pazzo mondo delle fake news.