La vittoria di Giuseppe Sala alle primarie apre una nuova fase politica per il centrosinistra milanese che, da un quinquennio amministrativo con una netta impronta di sinistra unitaria e forte enfasi sui diritti civili, elegge un profilo il cui stile si avvicina molto di più a quello dell’attuale governo nazionale, in particolare nel modo di porsi verso l’elettorato più moderato.
Il passato di Sala parla chiaro: una figura di estrazione tutt’altro che di sinistra, scelto e nominato da Letizia Moratti prima come City Manager e poi come Commissario di EXPO 2015. Nel corso delle primarie ha raccolto l’apprezzamento di Comunione e Liberazione. A voler utilizzare un’espressione tanto cara a Matteo Renzi, è un “uomo del fare”, un tecnico con una bassissima connotazione ideologica e un’idea molto chiara del funzionamento della città. Insomma, un rappresentante che cinque anni fa sarebbe stato il portabandiera dei colori berlusconiani e che oggi è decisamente in sintonia con quel moto centripeto che Matteo Renzi sta imponendo al Partito democratico a livello nazionale.
Oggi Sala, con il PD alle (e sulle spalle), si fa espressione di questa manovra a livello locale, facendo di Milano un banco di prova strategico: in palio non c’è “solo” il Comune, ma l’affermazione di un’idea di partito che fa capo nient’altro che al Premier.
Una manovra di ampliamento del bacino elettorale che segue le tracce di quanto fatto nel 2011 con successo proprio da Giuliano Pisapia, ma ovviamente con un focus verso un target differente. Il sindaco uscente, figlio di una sinistra moderata, con aperture di rilievo verso i salotti milanesi garantitegli in particolare dal suo background professionale, fu capace di evitare l’appiattimento della sua figura su un orientamento da sinistra estrema e di fare il pieno nell’area socialista riformista. Elemento che risultò cruciale per aggiudicarsi le primarie contro il candidato ufficiale del Pd, Boeri, e successivamente imporsi su Letizia Moratti al ballottaggio.
Oggi, la partita del candidato sindaco si gioca nel cercare di emulare la manovra di Pisapia verso un nuovo target di riferimento, ma non sarà una passeggiata, perché si troverà a fare i conti con una situazione che pone duramente sotto stress la tenuta dell’attuale coalizione, con ampi rischi di fuoriuscita di quella sinistra riconducibile al Movimento arancione.
I risultati ottenuti sia da Francesca Balzani (34%) che da Pierfrancesco Majorino (23%) testimoniano come i milanesi guardino ancora con piacere al progetto messo in atto da Giuliano Pisapia nei suoi 5 anni di amministrazione. E non è un caso che, subito dopo i risultati delle primarie, SEL abbia preso tempo per valutare il da farsi con un comunicato ufficiale che parla di “avvio di una riflessione sulla nuova fase politica che si apre a Milano”.
Già, perché il sentimento predominante a sinistra in questo momento è il rammarico di aver gettato alle ortiche la possibilità di eleggere un candidato in continuità con il sindaco uscente, frammentando il voto tra due esponenti dell’amministrazione che, seppur divergenti su un certo numero di temi, hanno contribuito con la loro candidatura simultanea a determinare la vittoria del candidato renziano.
Il capoluogo lombardo è un test importante: Sala sa che riuscire a sfondare nella componente più moderata dell’elettorato sarà una sfida non da poco. D’altro canto se darà esiti positivi, l’esperienza di Milano potrà fornire suggestioni e input interessanti per attuare questo processo anche a livello nazionale in vista delle prossime consultazioni politiche.