Gli italiani sui social media? Innamorati di Stories e immagini

Il terzo rapporto Italiani e social media 2019, realizzato da Blogmeter, azienda specializzata nella social intelligence, presenta un quadro interessante sull’utilizzo dei social media da parte degli italiani. La ricerca ha interessato un campione rappresentativo di 1.510 residenti in Italia, di età compresa tra 15 e 64 anni e iscritti ad almeno un canale social.

Il rapporto descrive anzitutto due tipologie di social media: quelli di cittadinanza e quelli funzionali. I primi, che contribuiscono a definire maggiormente la nostra identità di relazione, sono quelli che utilizziamo più volte al giorno o a settimana. Tra questi, ad esempio, si distinguono Facebook, Instragram, WhatsApp e YouTube. I secondi, invece, sono funzionali in quanto soddisfano un bisogno specifico e vengono utilizzati soltanto saltuariamente. I principali, in questo caso, sono Trip Advisor e Facebook Messenger.

Quali social utilizziamo?

Tra i social di cittadinanza, utilizzati più di una volta al giorno, spicca senza ombra di dubbio Facebook, preferito da ben l’82% degli italiani, in calo solo di due punti percentuali rispetto alla rilevazione del 2017. Si conferma positivo anche l’utilizzo di YouTube, che coinvolge il 61% della popolazione italiana, migliorando ancora la propria posizione nell’ultimo triennio (+5%).

Il dato che colpisce maggiormente, però, è relativo all’utilizzo di Instagram, che appassiona il 58% degli italiani: in tre anni, la piattaforma ha visto crescere i propri utilizzatori di ben 18 punti percentuali, per la gioia del gruppo capitanato da Mark Zuckerberg, già proprietario di Facebook. Questo dato mostra anche l’importanza sempre maggiore attribuita dagli italiani al “social media delle immagini” per eccellenza. Si ferma invece al 53% l’utilizzo di Twitter, a conferma di un calo progressivo del numero di utenti.

A rubare la scena tra i social di cittadinanza è poi WhatsApp, il servizio di messaggistica oramai assimilabile ad un vero e proprio social network per l’aggiornamento costante delle funzioni di condivisione delle informazioni tra gli utenti, utilizzato dal 94% della popolazione: un segnale di crescita costante dell’applicazione nel corso degli anni.

Tra i social funzionali, invece, emerge l’uso di Facebook Messenger, la piattaforma di messaggistica istantanea sviluppata come Facebook Chat, utilizzata dall’80% della popolazione.

Perché usiamo i social media?

A guidare l’utilizzo dei social media è soprattutto il bisogno di informarsi, con una fruizione finalizzata più alla lettura dei post creati da altri utenti (43%), che alla scrittura di contenuti originali e al commento (35%). A leggere i contenuti è prevalentemente la categoria dei “giovanissimi”, che comprende la fascia di età 15-24 anni. Un altro bisogno soddisfatto dalle piattaforme è lo svago o il piacere, una motivazione sempre più in crescita nel corso degli anni. Tra le ragioni legate all’utilizzo si rileva, infine, il desiderio di raccogliere stimoli e idee dalle notizie messe a disposizione dalle piattaforme.

Quali contenuti preferiamo?

Un’indicazione importante è quella che arriva dai messaggi social Adv, ovvero tutti quei contenuti sponsorizzati in cui si incorre quando navighiamo sui social media. Dalla ricerca emerge come stia aumentando la percezione di utilità di questi contenuti – soprattutto su Facebook e Instagram – ma solo quando gli stessi non siano di ostacolo alla fruizione del messaggio.

Merita, infine, una menzione a parte la novità intercettata dall’ultimo rapporto, che riguarda l’impatto delle Stories sul pubblico italiano: 1 utilizzatore su 3 di Facebook e Instagram preferisce le Stories ai post.

Fonti

Blogmeter, “Italiani e Social Media”, 2017

Blogmeter, “Italiani e Social Media”, 2018

Blogmeter, “Italiani e Social Media”, 2019

I social media fanno bene alla Salute

Intervista al professor Eugenio Santoro, responsabile del laboratorio di Informatica medica dell’Istituto “Mario Negri” di Milano.

Facebook non nuoce gravemente alla salute. Nemmeno Twitter, Instagram e tutti gli altri social network. Anzi fanno bene. Il professor Eugenio Santoro lo sostiene da tempo e lo afferma sulla base di dati scientifici. Infatti, il responsabile del laboratorio di Informatica medica del dipartimento di Salute Pubblica dell’Irccs, l’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano, da anni analizza il rapporto tra i social media, la comunicazione sanitaria e la promozione della salute. E ci spiega quali sviluppi sono in atto.

In che modo Facebook, Twitter, Google+, LinkedIn, YouTube e altri strumenti social stanno trasformando la comunicazione, la formazione e l’assistenza in Sanità?

«Partendo dalla formazione, quello che è cambiato è sicuramente l’aggiornamento con le fonti che il medico usa e che, da tempo ormai, erogano i contenuti attraverso i social media: questa modalità facilita il reperimento delle informazioni. Nel campo della comunicazione, invece, opinion leader, medici affermati, in parte anche le istituzioni, ma soprattutto le associazione sanitarie hanno iniziato a utilizzare i social media affinché il cittadino possa essere cosciente delle malattie a cui potrebbe andare incontro se dovesse mantenere o avere alcuni comportamenti. Si tratta di una prassi molto utilizzata all’estero e di recente pure in Italia».

Social media e comunicazione sanitaria. Che relazione ci può essere tra le nuove piattaforme di socializzazione e la promozione della salute?

«Esistono studi realizzati soprattutto all’estero (perché in Italia siamo ancora indietro in questo ambito) che dimostrano come l’uso dei social media ha consentito di ottenere risultati migliori rispetto all’utilizzo degli strumenti tradizionali. Però bisogna specificare che tali studi non si riferivano ai social media in generale, ma all’uso più specifico inteso, ad esempio, alla creazione di community come i gruppi di Facebook. Le ricerche hanno dimostrato che se aggrego più persone e fornisco loro una serie di informazioni, ad esempio consigli su come dimagrire o mantenersi in forma, ottengo risultati positivi determinati proprio dalla possibilità di partecipare e condividere il proprio stato di salute. È dimostrato scientificamente che le community, costruite sui social, portano con più facilità il cittadino a modificare il comportamento e il proprio stile di vita. Tali studi sono stati applicati per dimostrare, ad esempio, l’efficacia della diminuzione del peso e la lotta al fumo, ma anche per la gestione di problemi legati all’ansia e alla depressione. Oggi quando si parla di social media se ne parla in termini negativi. Ma, in realtà, sfruttando le stesse leve dell’emulazione si ottengono buoni risultati. È molto più facile demonizzare i social che valorizzarne le potenzialità.

In che modo le aziende sanitarie o gli enti privati che si occupano di Salute e prevenzione possono migliorare oggi la comunicazione sanitaria 2.0?

«Bisogna fare una distinzione tra comunicazione esterna, rivolta ai cittadini, e quella interna ovvero tra i componenti delle aziende. Uno degli aspetti più interessanti riguarda la comunicazione esterna: abbiamo realizzato uno studio nel quale abbiamo analizzato quante aziende usano i social media, in che modo lo usano e che risultato ottengono. Ad esempio:  quante persone vanno a leggere i post o a condividerli. I risultati sono stati questi. Le Asl sono presenti sui social media, almeno su una piattaforma come Instagram o LinkendIn. Tra i preferiti c’era Facebook – attorno al 60% a livello nazionale, poi Twitter e Instagram. Ma, in realtà, le Asl prevalentemente usano una comunicazione celebrativa e autoreferenziale, poco diretta al cittadino che invece deve sapere – ad esempio – a quali rischi va incontro se continua ad avere un certo stile di vita. Questo genere di informazione manca. Però, anche in ambito sanitario resiste lo stesso trend di altri settori, ovvero che è Instagram il social più commentato e citato, quello che funziona di più che non è però il più usato: lo utilizza solo il 10% delle Asl ma è quello che produce risultati migliore in termini di comunicazione. La fotografia è questa. Allora, quello che le Aziende sanitarie possono fare è quello di dotarsi di competenze specializzate e di ripensare a un Piano comunicazione che integri i social media. In sintesi: servono esperti di comunicazione sanitaria 2.0».

È necessario stabilire nuove regole per gestire forme di comunicazione con strumenti sempre più innovativi?

«Per quanto riguarda la comunicazione nei confronti dei cittadini non servono nuove regole ma nuove procedure e una nuova organizzazione perché in realtà manca il contesto in cui poter utilizzare questi strumenti. Non c’è un’idea di struttura che di regole. Infatti, per una comunicazione più partecipata serve anche un piano editoriale che sia ben fatto, il cui obiettivo è quello di creare quel rapporto di fiducia con i cittadini che al momento è piuttosto basso. Le istituzioni devono adottare un piano editoriale e mettere al centro la salute del cittadino, ad esempio mettendo in rete post che aiutano a capire che cosa fare se non mi voglio ammalare o quali sono i fattori di rischio se adotto tale comportamento. Bisogna smettere di usare questi strumenti nel modo sbagliato, come creare un post per divulgare l’orario di apertura dello sportello. I post, invece, dovrebbero parlare di prevenzione e salute. I Social consentono di fare questo e di farlo a costo zero. Allora, perché non usarli con tale finalità?».

Facebook e Mobile: pedine fondamentali della comunicazione online

Lo scorso 30 Marzo, la società comScore ha presentato i risultati della ricerca “Cross Platform Future in Focus”, nella quale vengono affrontati i diversi trend che hanno caratterizzato il panorama dei media nel 2015 in America. In primo luogo, l’analisi ha evidenziato un processo di convergenza tra TV e strumenti digitali, fotografando un contesto nel quale “nuovi” e “vecchi” media sono sempre più interconnessi, permettendo all’utente di accedere agli stessi contenuti tramite “schermi” diversi come non era mai accaduto finora.

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