Questa settimana politica è stata segnata dal risultato delle primarie del Partito Democratico che hanno, come previsto, confermato Matteo Renzi come segretario.  L’istituto delle primarie è stato mutuato dall’esperienza americana; negli Usa, infatti, le primarie sono istituzionalizzate per scegliere i candidati alle elezioni presidenziali. In Italia hanno fatto il loro debutto a fine anni ’90 ed è possibile tracciare un bilancio di questa esperienza. 

    1. Solo nel centro-sinistra. Uno dei primi esperimenti di elezioni di primarie furono quelle per la scelta del candidato sindaco dei Ds alle elezioni comunali di Bologna del 1999. Quella volta vinse Silvia Bartolini, poi sconfitta alle “secondarie” da Giorgio Guazzaloca, primo sindaco non di sinistra nella storia della città di Bologna, recentemente scomparso. Da lì in avanti, sono state sempre più utilizzate, ma nella grande maggioranza dei casi nell’ambito dei partiti o delle coalizioni di centro-sinistra, per i candidati alle elezioni locali, per il Segretario del Partito Democratico e per il candidato premier della coalizione del centro-sinistra. 
    1. E nel centro-destra? Sul fronte del centro-destra, le primarie sono state spesso invocate ma non si sono mai tenute.  Nel 2012 erano state inizialmente annunciate di fronte a un iniziale passo indietro di Berlusconi ma sono state annullate quando l’ex premier decise di candidarsi nuovamente in prima persona. Matteo Salvini e Giorgia Meloni invocano le primarie per la scelta del futuro candidato di una possibile coalizione ma Silvio Berlusconi non sembra essere d’accordo. Lo stesso Segretario della Lega rappresenta un’eccezione all’egemonia progressista in ambito primarie:nel 2013 è stato infatti eletto come segretario tramite primarie tra i militanti nelle quali ha sconfitto Umberto Bossi. 
    1. Polemiche. Una costante nella storia delle primarie italiane sono state le polemiche e le recriminazioni. Quella sollevata dallo staff di Andrea Orlando sul numero di votanti è solo l’ultima di tante polemiche riguardanti numero di votanti, procedure di voto opache e regole delle votazioni. Nel 2015 Sergio Cofferati lasciò il Partito Democratico denunciando irregolarità nel voto nelle primarie come candidato presidente della Regione Liguria. Nel 2012 ci fu una lunga polemica tra gli sfidanti Matteo Renzi e Pierluigi Bersani sulla scelta di tenere delle primarie aperte a tutti e non solo ai votanti del Partito Democratico. Sicuramente, una mancanza di controllo sui votanti può far perdere di credibilità a questo tipo di elezione. Matteo Renzi, Michele Emiliano e Andrea Orlando nel confronto tv prima delle primarie del 30 aprile scorso.
    1. Affluenza in calo. Per quanto riguarda le primarie per l’elezione del segretario del Partito Democratico, le ultime consultazioni hanno registrato un calo di circa un terzo dei votanti rispetto alle primarie del 2013. In generale, alle primarie del 2007 che avevano portato all’elezione di Veltroni avevano votato più di 3 milioni e mezzo di elettori, nel 2009 circa 3 milioni, nel 2013 poco meno circa 2,8 milioni: questa volta alle urne si sono presentati 1.838.938 elettori. Nel frattempo va registrato, parallelamente, il calo degli iscritti al Partito Democratico. Sintomo di disaffezione nei confronti del partito o verso l’istituto delle primarie? 
  1. Una vera competizione? Come ha sottolineato Vincenzo Emanuele del Cise, in molti casi le primarie sono state inizialmente più delle “primarie di legittimazione”, come accadde per esempio per Prodi nel 2005 e Veltroni nel 2007: per legittimare il partito o la coalizione in vista delle prossime elezioni.  Successivamente, è subentrata una fase di vera competizione nella quale le varie anime del partito si identificavano in un candidato. Nel 2013 e nel 2017 si è sviluppato un modello ibrido: le primarie sono state formalmente competitive, ma sono state stravinte da Matteo Renzi. Forse anche questa competitività solo sulla carta, ha scoraggiato molti potenziali elettori del Partito Democratico a recarsi alle urne. 

Nel complesso, lo strumento delle primarie risulta essere un valido esempio per legittimare democraticamente le cariche interne a un partito. Gli esempi citati riguardo le polemiche su votanti e regole rischiano di delegittimarlo e renderlo meno appetibile agli occhi degli elettori, con un effetto negativo sulla partecipazione popolare. Per questo motivo, servono regole e controlli ferrei sui votanti e dei candidati realmente competitivi per non rendere l’istituto delle primarie una pratica fine a sé stessa.